Giornale dell'I.T.I.S. "G. Cardano" - Pavia

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15enne vittima di una baby gang

AUTORI
Giulia Barattieri, Elena Emmanueli, Aurora Mazzolari, Cristian Perronace 2^DLS
Ultima modifica: 2 anni fa

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Vigevano. Solo dopo tre mesi di torture, i genitori sono venuti a conoscenza degli orrori dei quali il figlio era vittima. Un gruppo di adolescenti, una baby gang, seminava la paura tra i coetanei e in particolare aveva preso di mira il ragazzo, che era diventato il bersaglio dei loro “giochi” sempre più pesanti. Calci e pugni, minacce, sequestri per trascinare il quindicenne in luoghi isolati, obbligarlo a bere da 3 a 5 lattine di birra, fino a farlo ubriacare e abusare di lui. Una volta gli avevano messo una catena al collo e lo avevano portato in giro per il quartiere come un cane. All’inizio aveva accettato quegli scherzi pesanti perché non voleva essere respinto dal gruppo, però dopo le prime ragazzate avvenne quello più cruento: il “branco” lo aveva condotto in aperta campagna nei pressi di un ponticello su un piccolo corso d’acqua, lo avevano fatto spogliare e poi, dopo averlo appeso a testa in giù, lo avevano brutalizzato utilizzando una pigna.

Un amico, coetaneo del quindicenne, ha affrontato i bulli; poi ha avvisato la madre della vittima, permettendo l’avvio delle indagini. Qualche giorno dopo, quando la madre del ragazzo è venuta a conoscenza delle foto dell’episodio, si è recata dai carabinieri e ha dichiarato di essere l’unica colpevole: ”Mi sono accorta troppo tardi”.

Non è la prima volta che avvengono episodi di bullismo, ma non si era mai sentito di una tale brutalità da parte di minorenni. Secondo noi non è possibile che i genitori della vittima non si siano mai accorti delle violenze subite dal figlio e che le famiglie degli aguzzini non si rendessero conto dell’atteggiamento aggressivo e violento dei figli. Pensiamo che non sia ammissibile un comportamento del genere da parte di nessuno, soprattutto di ragazzi nei confronti di un loro coetaneo, del quale si fingono amici. Ad aggravare questa situazione sono stati soprattutto i social attraverso cui i video e le immagini delle violenze sono stati divulgati a molte persone che conoscevano la vittima.

Le vere domanda che ci poniamo possono essere molte: come hanno fatto i famigliari a non accorgersi delle violenze che ogni giorno subiva il ragazzo? I compagni di classe e gli amici, cosa facevano con le foto e i video che ricevevano? Scherzavano? Lo prendevano in giro? Oppure lo aiutavano a superare questo brutto periodo?

Probabilmente il figlio non voleva farsi vedere fragile agli occhi dei genitori o aveva una vergogna tale da non parlarne con loro, e quindi nascondeva i segni dell’aggressione. Inoltre nessuno ha osato aiutarlo forse per paura di ritorsioni. A volte tra i ragazzi nasce la paura di rivelare certe cose, soprattutto se si tratta di atti di violenza: gli adolescenti sono insicuri e temono il giudizio degli adulti, quindi non si rivolgono direttamente a loro. Così capita che la vittima del bullismo tende a nascondere l’atto di inciviltà che ha subito per paura di future rappresaglie e per sentimenti di estrema insicurezza.

La scuola è la prima vera istituzione sociale dove gli studenti possono essere incoraggiati a denunciare gli episodi di bullismo per un pronto intervento delle autorità. In tal senso è molto importante la fiducia che i ragazzi devono avere nelle istituzioni e ricordarsi che la fiducia deve essere meritata.

Giulia Barattieri, Elena Emmanueli,
Aurora Mazzolari, Cristian Perronace 2^DLS

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