Ha solo 25 anni ma è in grado di dar voce ad una guerra nata ben prima di lui: Walimohammad Atai, rifugiato afghano, ha tramutato le sofferenze indotte dal regime talebano in saggezza, interiorizzando ogni paura ed insicurezza, per combattere la disinformazione tramite la divulgazione delle sue esperienze.
Ha solo 13 anni quando scopre che il padre, medico, è stato assassinato dai fondamentalisti islamici, mentre la madre tenta di instradarlo sulla via del radicalismo: rinchiuso in un campo di addestramento in Pakistan, Atai, con resilienza e coraggio, sopporta le angherie e fa ritorno in Afganistan, convinto di doversi opporre ad un regime al quale non riesce a conformarsi.
Un ruolo fondamentale è rivestito dalla nonna paterna, la quale, vanificando gli insegnamenti impartiti dai talebani, riesce a strapparlo da un destino di ferocia e dolore: Atai impara a rifiutare il Paradiso per non uccidere, come riporta il titolo di uno dei suoi libri, rischiando la vita senza mai arrendersi. In un mondo dove sterminare chi non segue la Sharia è considerata l’unica via per raggiungere salvezza e felicità eterne, Walimohammad è il ribelle che sfida la sacralità degli insegnamenti dei terroristi e sfugge al sistema.
La nonna, donna ebrea dall’incredibile fermezza e valore, che ha vissuto i cambiamenti del suo Paese imposti dai talebani, è la dimostrazione di come l’arma più infallibile contro questa ottusa mentalità sia l’istruzione: i talebani temono la saggezza delle donne, poiché sono le prime insegnanti nella vita di un bambino. Una donna istruita significa libertà di pensiero, da reprimere per mantenere intatto il totalitarismo.
Per i talebani, i quali basano il loro potere in gran parte sulla disinformazione e sull’oscurantismo, saggezza e conoscenza sono temibili nemici da reprimere. Libri all’infuori del Corano sono banditi, l’unica forma di istruzione concessa è di tipo religioso ma estremista, ed impartita basandosi sugli scritti coranici interpretati in modo dogmatico.
Atai, sfruttando l’analfabetismo della madre, si organizza per scappare e denunciare le condizioni che gravano sull’Afganistan. Ricercato dai talebani, fugge in Iran dove viene arrestato e creduto una spia; ritenta senza arrendersi e, saldato il debito con dei trafficanti, riesce a permettersi un viaggio, non certo in prima classe, stipato sotto ad un camion: un’epopea degna dell’attenzione dei poeti classici che lo porta alla frontiera della Grecia, dove, nascosto al fiuto dei cani della polizia grazie ad un sacco di plastica che lo avvolge, riesce ad eludere i controlli e s’imbarca alla volta dell’Italia. Atai raggiunge la Puglia: smarrito e confuso dalle maniere degli italiani, lui che veniva dal cuore dell’Asia, capisce finalmente di aver trovato un posto da chiamare casa. Raggiunge Pavia e si riconosce nella vita culturalmente attiva della città, riprende gli studi e intesse rapporti di confidenza e fiducia con molti, che, toccati dalle sue parole, lo spronano a sensibilizzare i ragazzi attraverso la sua esperienza. Atai fa del suo passato una nuovo inizio, con tenacia e intraprendenza combatte un regime che ancora dilania il suo Paese, avviando centri per la tutela ed integrazione degli immigrati e raccontando la sua storia ai giovani.
L. Girardi, M. Dari, G. Zito, S. Filippini, S.Rizzardi classe 5 DLS