Giornale dell'I.T.I.S. "G. Cardano" - Pavia

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Un’insolita lezione di Scienze Motorie

AUTORI
L. Castoldi e L. Poncina    4 DLS
Ultima modifica: 2 anni fa

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~ 5 minuti
Valutazioni: 14
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Un’insolita lezione di Scienze Motorie, quella a cui la nostra classe ha avuto il piacere d’assistere: non in palestra, ma in aula magna.

Ad aspettarci c’era nientemeno che il più grande paratleta pavese, Alessandro Carvani Minetti, classe 1978, e la sua storia, la storia di un ragazzo proprio come noi, forse un po’ scapestrato ma con una grande, grandissima passione per lo sport, e per la motocicletta.

E’ proprio la moto che, nel 2003, sul Passo del Penice, noto tristemente per i tanti incidenti, si è portata via l’uso quasi completo delle sue braccia. Mentre imboccava un tornante, venne travolto da un gruppo di otto motociclisti poco più che maggiorenni e provenienti da valle. Lo scontro, violento e inaspettato, travolse Alessandro che immediatamente venne scaraventato esanime ai margini della piccola strada montana. Durante l’incidente uno dei ragazzi coinvolti perse la vita; Alessandro, invece, si risvegliò dopo tredici giorni di coma e con fratture dalla vita in su, compresi i due condili occipitali, articolazioni che legano la vertebra atlante alla scatola cranica. Perse l’uso del braccio destro, mentre di quello sinistro, all’inizio, riusciva a muovere solo il pollice. Poi tutta la mano, quindi dal gomito in giù. E’ qui che Ale, dall’animo dinamico e ribelle, ci ha parlato del suo periodo più difficile, quello in cui si tocca il fondo, da cui si può solo risalire.

C’era solo un modo per riprendere il controllo della propria vita. Lo sport. Ed è così che iniziarono le avventure nel duathlon, e in numerosi altri sport tra i quali lo scii (per cui forse non era proprio portato, a giudicare dalla facciata presa sul ghiaccio!) ed il ciclismo, che lo porterà a numerosi riconoscimenti come l’Argento agli Europei ad Alcobendas (Madrid) ed il titolo di Campione del Mondo di paraduathlon ai mondiali di Adelaide, ma soprattutto al suo più grande vanto: il Record dell’Ora di paraciclismo su pista, del 28 novembre 2015.

Tuttavia, con una nota di amarezza, Alessandro ci racconta di una polemica avvenuta in seno al Comitato Paralimpico e che gli impedisce, per una pura questione burocratica e di categorizzazione, di partecipare alle Paraolimpiadi. Nel paraduathlon, la sua categoria ammette solo atleti senza l’uso delle braccia e quindi, a causa della sua particolare condizione, risulta una “mosca bianca”. Inoltre, sempre il Comitato non ha acconsentito all’utilizzo del triciclo per le gare, strumento che gli garantirebbe maggiore sicurezza, per via proprio di quell’unico braccio ancora parzialmente funzionante, senza considerare che in realtà il suo utilizzo è pressoché ininfluente.

A questo punto Ale ci ha mostrato gli “attrezzi del mestiere” che gli permettono ogni giorno di allenarsi e partecipare alle gare. Per correre utilizza una fascia elastica che, aderendo alla parte superiore del corpo, blocca le braccia che sarebbero di intralcio per la competizione, e gli garantisce maggiore stabilità; mentre per il ciclismo utilizza un apposito sostegno che mantiene il busto in posizione. A volte, ci confessa, si stupisce di come, durante i suoi lunghi allenamenti, riesca a tener testa e molto spesso a superare le persone normodotate.

Sorridendo ci mostra una maglietta che, con destrezza e precisione, indossa senza difficoltà, simulando movimenti e strategie impensabili, e che ci fanno comprendere le vere difficoltà, quelle della vita quotidiana, in cui azioni comuni come indossare i vestiti divengono un vero e proprio rompicapo.

E nella vita privata? Tutto fatto con i piedi! Alessandro ci ha spiegato che, quando ci si ritrova in una condizione del genere, inizialmente si può disperare, ma è solo “smantellando” i problemi pezzo per pezzo che si può arrivare alla soluzione. La prima volta che è tornato a vestirsi da solo? Bisogna ringraziare il litigio con la mamma, e la tanta forza di volontà (e anche un po’ di rivalsa) che l’ha portato ad ingegnarsi in un’impresa ai limiti dell’impossibile (vestitevi voi senza usare le braccia).E’ da questo episodio che non si è più fermato. Dalla scolatura della pasta (vi lasciamo immaginare le acrobazie necessarie), alle cose più improbabili. Guidare la macchina? Con buona pace del signor Musk, non è necessario avere una Tesla. Dopo una strenua lotta con le ASL, che proprio non lo volevano far guidare, è riuscito a riacquistare l’indipendenza con un piccolo trucchetto. D’accordo con un’azienda tedesca, ha acquistato in Italia una Mercedes e poi l’ha inviata in Germania, dove l’azienda, dotata delle tecnologie necessarie e già approvate in quel paese, ha installato un complesso sistema di guida, fatto di comandi vocali e di tasti, per cui è possibile guidare con una normalissima  patente grazie alla sola mobilità delle gambe e a quella parziale della mano. E’ poi bastato reimportare nuovamente la macchina in Italia, dove l’ASL, forte delle autorizzazioni tedesche, non ha potuto dire di no.

Ciò che ci ha più sorpreso però è l’atteggiamento resiliente di Alessandro, il suo parlare sereno con un grande sorriso in volto. Non è stato difficile per noi lasciarci coinvolgere. Le prime domande sono arrivate mano a mano, un po’ come le patatine: una tira l’altra!

– “Com’è vincere un mondiale? Cosa si prova?”

– “Indescrivibile,  la sera non ho dormito dall’emozione”.

– “Hai mai incontrato di nuovo i ragazzi dell’incidente?”.

Nonostante questa domanda delicata Alessandro ci risponde con molta tranquillità: – “Mai, ma non porto rancore per queste persone”.

– “Come hai conosciuto tua moglie?”.

Alessandro ci ha risposto così: – “Ero a un bar e l’ho vista; non abbiamo smesso di guardarci per tutto il tempo, il capo stava quasi per arrabbiarsi”.

Uno studente chiede: – “Ha mai pensato che fosse un brutto sogno?”.

– “Sì. A volte io e un mio amico paratleta ci chiediamo se tutto questo non sia un sogno o una vita parallela”.

– “Cosa ti è servito per superare quest’evento traumatico?” “Toccare il punto minimo della mia autostima per poi, con l’aiuto di uno psicologo e forza d’animo, rialzarmi.”

Infine, la regina (inaspettata) di tutte le domande: – “Ale, se potessi tornare indietro, dove vorresti trovarti?”

La risposta ci ha lasciato del tutto attoniti: – “Dopo l’incidente”.

Due parole che riassumono a pieno il senso del nostro incontro, che è stato occasione per poter conversare con un grande paratleta, ma che il più grande insegnamento ce l’ha dato sulla vita, poiché dopotutto “la sconfitta è come una molla che ti permette di oltrepassare i tuoi momentanei limiti”.

 

L.Castoldi e L. Poncina    4 DLS

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