Giornale dell'I.T.I.S. "G. Cardano" - Pavia

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Il FRIULI nel corso della storia

AUTORI
Marta Bottoni Marta, Flavia Girardi 4ELS
Ultima modifica: 2 settimane fa

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~ 7 minuti
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Un viaggio di cinque giorni in un’altra regione è iniziato per tre classi del Liceo delle Scienze Applicate, 4ELS, 4ICL, 5BLS, alle 5.45 di lunedì 4 marzo.

Caricate valigie e zaini e preso posto sul pullman, siamo partiti per un viaggio durato più di 5 ore verso il Friuli Venezia Giulia dove avremmo visitato Trieste e altre mete, non seconde per importanza, nelle vicinanze.

Giunti nella città, abbiamo avuto la possibilità di visitarla autonomamente nella pausa pranzo per poi risalire sul pullman e avviarci, accompagnati da una guida turistica, verso quello che è stato l’unico campo di sterminio presente in Italia: la Risiera di San Sabba.

 

1 GIORNO

RISIERA DI SAN SABBA

L’edificio si presentava da fuori come un parallelepipedo di muri in cemento armato e mattoni, conservati dalla sua funzione originaria di risiera.

 

Risiera di San Sabba

Entrati attraverso un corridoio stretto tra due pareti grigie e opprimenti, si vedeva fin da subito la luce venire meno e, una volta percorso l’ingresso, si giungeva da unporticato in mattoni in quella che era la piazza; da quest’ultima si potevano ben osservare tutti gli edifici che formavano il complesso. Affacciato su una porzione recintata di piazza, perchè sito di reperti umani quindi sacro quanto una tomba, si poteva vedere il camino del forno crematorio, mentre sulla destra gli altri locali della struttura: 17 cellette che fungevano da sale per gli interrogatori e per la tortura, che potevano contenere fino a 6 persone; i prigionieri erano trattenuti qui fino al momento della confessione, dopodichèvenivano indirizzati ad altri campi o al patibolo, a seconda del gruppo sociale d’appartenenza o dell’azione commessa.

 

Cellette nella Risiera di San Sabba

 

Vi erano altri locali: la sala di controllo con gli uffici delle SS e il punto dove i prigionieri dovevano lavorare, detta “sala della croce” per le sue travi di legno caratteristiche; la sala smistamento e immatricolazioni, davanti alla quale si vedevano, appese alle pareti in cemento, lapidi in ricordo delle vittime. Infine la “sala della morte”, oggi cascina vuota senza finestre.

 

SAN GIUSTO

Lo stesso pomeriggio ci siamo immersi assieme alla nostra guida, Noor, in un’epoca totalmente diversa visitando il castello e il duomo cristiano, San Giusto di Trieste, posto a governo e controllo della città sul colle omonimo; fatto erigere precedentemente come tempio dedicato a Giunone, è diventato poi duomo agli inizi del 14esimo secolo.

Al suo esterno abbiamo notato la facciata a capanna, tipica bizantina, con un grosso rosone colorato; mentre al suo interno l’oro e le pietre dei mosaici delle tre absidi lo facevano risplendere della luce che filtrava solo dalla facciata, quasi come brillasse di luce propria.

 

Duomo di Trieste

 

Mosaico della cupola dell’abside principale del duomo

 

2 GIORNO

TRIESTE

Il secondo giorno abbiamo dedicato la mattina a passeggiare, ascoltando i racconti dellaguida, per il lungomare: i porti, storia e espressione della città, le piazze austriache, le vie veneziane. Noor ha sottolineato come la città sia stata costruita dal passaggio di tutte le dominazioni subite, le quali l’hanno resa unica, un mondo a sè.

Entrati nella città, pareva di aver cambiato Stato e per un attimo sembrava di vedere Vienna nel pieno della sua imponenza grazie ai massicci e perfettamente conservati palazzoni posti quasi fuori contesto, proprio sul mare; così come la piazza principale, Piazza Unità d’Italia, con i suoi straordinari edifici, prima signorili e adesso pubblici, alcuni dei qualihanno visto la creazione della società Assicurazioni Generali con una storia particolarmente intrecciata alla città.

 

Piazza Unità d’Italia

MIRAMARE

Nel pomeriggio ci siamo recati col pullmann ad una delle mete più lontane di tutta la gita: il castello di Miramare, a circa 1 ora e 30 minuti da Trieste; dimora estiva degli Asburgo, ospita interni colmi di particolari, ricchi e lussuosi, con enormi ritratti e una particolare passione per il motivo dell’ananas. Ma la parte che rubava il cuore era la posizione dove é stato costruito: come fosse uno scoglio sporge sul mare, isolato da tutto, con tanto di balconata che lo attornia, mentre il giardino interno cerca di imitare l’immensità del mare con i suoi 4 livelli di parco botanico, passeggiate, impalcatura per viti, fontane e punti panoramici. Per un attimo ci si sentiva beati.

 

Castello di Miramare, visto dall’interno del giardino

 

Castello di Miramare, visto dal mare

3 GIORNO

TRINCEE

Il terzo giorno abbiamo seguito una nuova guida in una scarpinata su quella che poteva sembrare montagna, ma in realtà era poco superiore al livello del mare, attraversando la storia della Prima Guerra Mondiale e le battaglie per respingere gli austriaci e conquistare le cime di vedetta come confine.

 

Entrata del percorso per le trincee di quota 85

 

Noi abbiamo raggiunto “quota 85” immersi in un clima umidiccio che rendeva suggestiva la visione delle trincee, quasi come in un film; le abbiamo percorse dall’interno e dall’esterno, attraverso anfratti e passaggi naturali. Infine ci siamo addentrati in alcune grotte utilizzate come bunker o rifugi dove abbiamo osservato stalattiti e stalagmiti di circa un secolo e anche dei pipistrelli per poi risalire con le scale che i soldati avevano studiato come “più veloci”, fatte apposta per poggiare mani e piedi. Quando siamo arrivati a destinazione, abbiamo trovato un cimitero che funge da memoriale per tutti i gruppi di soldati e comandanti, come i bersaglieri ciclisti che svolgevano il compito di postini per comunicazioni e provviste.

 

 

REDIPUGLIA

Nel pomeriggio siamo passati da una scarpinata a una scalinata: insieme alla guida ci siamo recati al Sacrario di Redipuglia dove sono sepolti o nominati tutti i caduti della Prima Guerra Mondiale che sono stati riconosciuti; due placche di ferro simboleggiano altri 60 mila militi, ignoti e mai riconosciuti per targhetta persa o per le condizionidei cadaveri. Il complesso del sacrario ospita anche un museo di reperti, un’altura con la piantina dei territori circostanti e i colli, e una piccola chiesa davanti alla quale alle 17 abbiamo assistito un corpo militare fare il saluto.

Il sacrario in sé appariva come un’enorme scala di marmo bianco con gradini di 2 metri ciascuno, che ospita i nomi dei caduti in ordine alfabetico con la tipica scritta della parola a cui si risponde all’appello:“PRESENTE”. Alla base, alcune placche poste sul pavimento ricordano i luoghi delle battaglie. In alto, sopra la cappelletta, invece compaiono le tre croci della trinità che accrescono l’effetto prospettico e il simbolismo della pace che queste anime si meritano.

 

4 GIORNO

AQUILEIA E CIVIDALE

Il penultimo giorno è stato dedicato al passato latino, con due città romane diventate longobarde: Aquileia e Cividale.

 

Aquileia, sito archeologico con pavimentazione intatta

 

Duomo di Aquileia

 

 

Nella prima abbiamo concentrato la nostra attenzione sul duomo di tipica architettura bizantina comprendente anche una statua della lupa a confermarlo, per poi volgerci alla scoperta dei reperti archeologici sparsia cielo aperto per la città: tra questi abbiamo visto parecchi pavimenti a mosaico ancora intatti e molte colonne o parti di muri domestici; ma più importanti di tutto sono stati il foro romano e il viale circondato da cipressi, fossi, salici piangenti e reperti di ogni tipo che ci hanno fatto respirare un’aria poetica.

A Cividale invece siamo potuti entrare nel duomo, dopo aver passato il ponte del diavolo, che porta al convento delle suore orsoline e a un tempietto longobardo; il tutto certificato Patrimonio UNESCO.

 

Tempietto di Cividale, Patrimonia dell’Unesco

 

5 GIORNO

ERTO E LA DIGA DEL VAJONT

L’ultima scoperta della gita è stata a 0ºC in quanto siamo saliti fino al paesino di Erto, noto purtroppo per il disastro della diga del Vajont, e che quindi ne ospita il museo, che abbiamo esplorato grazie ad una guida giovanissima. Durante la visita abbiamo scoperto aspetti politici e fisici della vicenda e abbiamo anche potuto avere un’esperienza che la ricreava in una stanza attraverso il 4D.

 

Museo di Erto, foto storica della diga

 

Dopodiché abbiamo visitato il centro storico sotto la neve e abbiamo concluso il nostro percorso non pronti a rifare 5 ore di strada verso casa senza prima passare fisicamente a fianco alla diga, ancora lì a memoria dell’orgoglio umano.

Così si è concluso il nostro viaggio nella regione di confine per eccellenza e tutto il bagaglio culturale che questo ha comportato.

 

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