Giornale dell'I.T.I.S. "G. Cardano" - Pavia

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Indonesia, diritti e libertà negati

AUTORI
Camilla Marchesi, Sofia Steti 3 BLS
Ultima modifica: 1 anno fa

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Dopo lunghi anni di aspre lotte per i diritti umani in Indonesia, arriva la pesante sconfitta inflitta dal governo, che potrebbe rappresentare un grave tuffo nel passato per il Paese. 6 Dicembre 2022, Giacarta. Il Parlamento indonesiano propone una serie di modifiche del Codice penale, in breve tempo appoggiate da tutti i partiti, che limiteranno la vita privata e pubblica dei cittadini, riscuotendo clamorosi dissensi fra i civili. Il provvedimento, in fase d’approvazione, prevede numerose limitazioni delle libertà individuali sancite dai diritti umani: dal divieto alla convivenza e al sesso prematrimoniale (punibile con una anno di carcere e sei mesi di convivenza forzata), alle misure sempre più stringenti sull’aborto, già proibito regionalmente.

La riforma, il cui impatto potrà essere determinato solo una volta implementata definitivamente, condanna anche blasfemia e apostasia, oltre agli insulti rivolti al presidente Widodo, al vice presidente, alle istituzioni statali e all’ideologia nazionale, vietando di fatto ogni forma di libera espressione su cui si dovrebbe basare ogni democrazia. Una prima bozza era stata presentata già nel settembre 2019, ma in seguito alle manifestazioni cittadine, soprattutto da parte di attivisti della comunità LGBT+, scaturite dalla criminalizzazione dell’omosessualità, era stata sospesa. La bozza attuale ripropone gli stessi temi, edulcorati: per esempio alle coppie dello stesso sesso non sarà infatti possibile sposarsi.

Ovviamente, proteste e contestazioni non si sono fatte attendere. Oltre ai già citati membri della comunità LGBT+ e associazioni come Amnesty International, il dissenso verso le nuove proposte di legge proviene anche da (poche) figure interne al governo stesso, la direttrice dell’Istituto Indonesiano di Aiuto Legale Citra Referandum e il vice presidente del Consiglio dell’industria del turismo Maulana Yusran. Quest’ultimo afferma che un decreto simile risulterebbe estremamente dannoso per il turismo nel paese, in quanto non riguarderebbe unicamente i cittadini ma anche i turisti. E l’Indonesia vanta molteplici destinazioni turistiche come Bali, meta scelta da circa un milione di australiani ogni anno, ma località apprezzata anche da europei e americani.

Il Parlamento giustifica il provvedimento come la svolta per lasciarsi alle spalle il retaggio legislativo dell’epoca coloniale (finita nel 1945), ma si dimostra invece un tentativo di avvicinamento ad un fondamentalismo autoritario con radici nell’estremismo religioso (l’Indonesia presenta una maggioranza musulmana), che si manifesta con la negazione di diritti fondamentali dell’uomo e che costituirebbe un notevole passo indietro nella maratona per la conquista della libertà individuale, portata avanti da oltre due decenni nel paese.

Camilla Marchesi, Sofia Steti 3 BLS

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