Facile fingere, ancor di più dietro un telefonino: una richiesta, un messaggio, un invito a incontrarsi. Questo è il caso, avvenuto qualche settimana fa a Pavia, di una ragazza di 15 anni che ha tentato il suicidio dopo essere stata violentata da un ragazzo di 25 anni conosciuto sui social.
Si sono incontrati nel pomeriggio di martedì 26 dicembre alla stazione Porta Garibaldi di Milano, e lui ha convinto la giovane a seguirlo in treno sino a Pavia. Qui l’ha portata lungo la riva del Ticino e ha abusato sessualmente di lei. A quel punto lei, disperata, si è buttata nelle acque gelide del fiume con l’intenzione di suicidarsi, ma fortunatamente è stata salvata dalla polizia.
La violenza è un trauma dalla portata emotiva negativa e in alcuni casi, come in questo, può portare alla disperazione e perfino alla ricerca del suicidio, che può sembrare una soluzione al profondo dolore provato dalla vittima; in realtà è solo un modo sbagliato di reagire: non ci sono emozioni che non possono essere condivise, ascoltate e dichiarate a professionisti ed esperti delle problematiche psicologiche conseguenti ad un trauma.
“Spesso però la vittimizzazione secondaria, ovvero far sentire in colpa la vittima perché se l’è andata a cercare, contribuisce all’indecisione e alla paura di denunciare”. Queste sono le prime affermazioni del dottor Luca Dinatale, psicologo e psicoterapeuta scolastico.
Sempre come dichiarato da quest’ultimo i social fanno parte della nostra vita e sono pieni di opportunità, ma è necessaria un’educazione adeguata per l’utilizzo di questi strumenti, perché nello spazio virtuale la distanza del corpo ci fa sentire più liberi da vincoli e regole rispetto alla realtà fisica.
Al sondaggio da noi sottoposto, tredici alunni su ventitré della classe 3ICL hanno affermato di non aver mai incontrato qualcuno dal vivo dopo averlo conosciuto sui social, smentendo il comune pensiero che i giovani si conoscano per la maggior parte tramite cellulare.
Rimane il fatto che le veloci dita di un malintenzionato sono sempre pronte ad adescare una nuova vittima e non conta quanta esperienza uno possa avere, ad un “ballo in maschera” non sai mai chi ci sia realmente dall’altra parte.
Claire Alpern, Gabriele Gamba ed Elisa Grassi 3ICL